112 O maladetto, o sventurato loco!
Quivi senti’, Morgante, il lusignuolo,
Colà fu’ traportata a poco a poco
Dal suo bel canto d’uno in altro volo:
A me pareva a sentirlo un bel giuoco,
Vedi che ne seguì poi tanto duolo!
Ringrazio te, che m’hai qui ricondotta;
E sarò savia, s’io non fui allotta.
113 E mosterrotti ch’io non sono ingrata;
Ed arò sempre scritto nel mio core,
Come tu m’abbi prima liberata,
E con quanta onestà, con quanto amore
Tu m’abbi per la via poi accompagnata;
Chè non è stato il servigio minore.
Come fratel, come gentil gigante
Ti se’ portato, e non come mio amante.
114 Potevi di me far come Beltramo:
Non hai voluto; ond’io come fratello,
Come tu ami me, certo te amo:
Così ti tratterò nel mio castello;
Così Margutte vo’ che noi trattiamo,
Bench’e’ fussi alle volte tristerello.
Disse Margutte: S’io feci tristizia,
Tu dè’ pensar ch’io nol feci a malizia.
115 Ecco ch’egli eron già presso alle mura
Di Filomeno, or ecco che son drento;
E ’l popol guarda la grande statura
Di quel gigante, che dava spavento;
Ma la fanciulla ignun non raffigura.
O padre suo, quanto sarai contento!
Ch’ogni improvviso ben più piacer suole,
Come il mal non pensato anco più duole.
116 Filomen, che venir sente il gigante
Colla fanciulla e con un suo compagno,
E ch’e’ si fa verso il palazzo avante,
E che parea molto famoso e magno:
In questo mezzo appariva Morgante;
Filomen disse: Iddio ci dia guadagno;
Chi fia costui? e che fanciulla è questa?
Non mi trarrò però la bruna vesta;