Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/102

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la fontana di bakcisarai. 61

hanno potenza su lui; egli ormai più non ci crede.

Quando le belle prigioniere, spargendo i lunghi crini al vento, vanno, durante i calori dell’estate, ad attuffarsi nel ruscello e spandono sulle rosee membra l’onda argentea della fonte, l’eunuco testimone eterno delle loro azioni fa sentinella al bagno. Mira senza emozione quelle elette forme nude. Quando spiega la notte il nero suo manto, l’eunuco schiude una porta obediente, s’avanza a passi taciti sui tappeti morbidi, striscia quatto quatto di letto in letto; agitato da continua tema, osserva attentamente le belle addormentate, e ascolta il loro bisbiglio notturno; nota i sospiri, gli aliti, i minimi fremiti; di tutto fa tesoro, e guai a colei che sognando proferisse un nome straniero! Guai a colei che confidasse alla benevola compagna qualche sfrenata e matta cupidigia!

Qual mai sarà dunque la causa dell’ira di Ghirei? La pipa gli s’è spenta fra le mani, il servo aspetta immobile sulla soglia gli ordini del suo signore e osa appena respirare. Il regnante pensieroso si rizza in piedi; la porta s’apre avanti a lui. Silenzioso egli s’avvia alla dimora delle donne altre volte a lui sì care.

Esse, aspettando il Khan, si sono assise in vari gruppi attorno a una fontana gorgogliante. Con infantile gaudio, mirano il pesce che guizza in quello specchio liquido o rasenta il fondo della marmorea vasca. Alcune di esse vi gettano per diletto i loro orecchini d’oro. Frattanto le ancelle portano in giro i sorbetti odoriferi; poi intuonano un canto sonoro e gaio che fa echeggiar le sale.