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Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/106

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la fontana di bakcisarai. 65

e serba intatto il suo sacro deposito: il sentimento della divinità....

Sorge la notte. Le amene campagne della Tauride si vestono di tenebre; in lontananza, fra le fronde immote degli allori, io odo il gorgheggiar del rosignolo... La luna spunta nel ciel sereno attorniata d’un coro di stelle, e tinge d’un color ceruleo le valli, le colline, le selve. Le donne agili e snelle come ombre passano per le vie di Bakcisarai, e vanno nelle case degli amici a spendere le ore disoccupate della sera.

La reggia tace; l’harem giace immerso in pacifico sonno; nessuno strepito interrompe la quiete notturna. Il fido e vigilante eunuco ha adempito la ronda nel dormitorio. Adesso egli riposa, ma l’ansia assidua gli amareggia quella breve requie. Il sospetto atroce del tradimento non cessa un istante di aizzarlo. Gli pare sentire ora un calpestío, ora un bisbiglio, ora un grido; ingannato dall’orecchio incerto, si solleva spaventato, tremante e ascolta con orrore.... ma ogni cosa tace intorno, e nessun suono s’ode in vicinanza, fuori quello delle acque zampillanti che scaturiscono dalla loro prigione di marmo, e l’inno che il rosignolo modula nella oscurità alla rosa sua compagna diletta e inseparabile. L’eunuco sta attento un buon pezzo, ma invano.... poi finalmente di nuovo socchiude le palpebre.

Quanto son belle le chiare notti del voluttuoso Oriente! Quanto soavi scorrono quelle ore per gli adoratori del Profeta! Che lusso splende nelle loro magioni, nei giardini incantati, ne’ silenziosi e impenetrabili harem, ove sotto il candido raggio della luna,