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184 eugenio anieghin


CAPITOLO OTTAVO.

Fare thee well, and if for ever.
Still for ever fare thee well.

Byron.

Allorchè io fioriva tranquillamente nei giardini del Liceo; allorchè io leggeva molto Apuleio e niente affatto Cicerone; la Musa m’apparve un giorno di primavera nella valle misteriosa, presso alle acque che scorrevano in silenzio. La mia cella di studente s’illuminò a un tratto. La Musa mi vi imbandì lauti rinfreschi; mi insegnò a celebrare i piaceri della gioventù, la nostra antica gloria e i trepidi sogni del cuore. Quando la menai fuori meco nella società, la gente l’accolse con benevolenza e mi fece animo a proseguire d’amarla. Il vecchio Dergiavin1 volle conoscermi, e mi benedi nei suoi ultimi istanti di vita.

Facendo mia unica legge il mio capriccio, intarsiai nei miei scritti ogni mia bizzarria e impressione. Lanciai la Musa in mezzo allo strepito dei banchetti e delle dispute, e divenne il terrore delle guardie notturne. Pagò coi carmi il suo scotto in quei conviti, scherzando come una baccante, bevendo e cantando in onore dei commensali. E la gioventù corse dietro ai suoi passi ed io insuperbiva cogli amici di possedere sì leggiadra compagna.

  1. Celebre lirico russo, di cui parlammo nella Biografia di Puschin.