Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/269

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228 pultava.

La chiara aurora imporpora l’oriente; le valli, i colli, i piani rinascono. Le cime de’ boschi s’indorano; il corso dei fiumi biancheggia. Dappertutto penetra il soave brulichío mattutino. L’uomo si desta....

Maria tuttora dorme, e dormendo sogna dolcemente. Tutto a un tratto sente, in mezzo al sonno, un passo che s’avanza verso il letto, e una mano che le tocca i piedi. Apre gli occhi, ma tosto li richiude abbagliati dal gaio riverbero del sol nascente. Stende le bianche braccia sorridendo, e con voce amorosa bisbiglia: “Sei tu, Mazeppa?”

Ma non è Mazeppa che risponde.... Dio! Esterrefatta Maria guarda intorno e vede.... vede sua madre!

La madre. Taci, taci. Non ci perdere ambedue. Mi introdussi qui furtivamente col favor delle tenebre per chiederti una grazia. Oggi è il supplizio. Tu sola puoi disarmar Mazeppa. Salva il padre.

La figlia. Che padre? Che supplizio?

La madre. Come? Non sai?... Eppure non vivi in un deserto. Vivi in un palazzo. Dovresti sapere che Mazeppa può tutto; che egli è vendicativo; che lo Zar gli crede.... Ma comprendo; tu sacrifichi a Mazeppa la propria famiglia; tu dormi, allorchè l’atroce sentenza si legge, allorchè si affila la bipenne, allorchè il carnefice l’alza sopra tuo padre! Ahi che siamo ormai estranee l’una all’altra!... Ravvediti, figlia diletta! Diletta Maria, vola, próstrati ai piedi suoi, salva il genitore, sii il nostro angelo tutelare; un tuo detto molcerà quel cuore, un tuo sguardo spezzerà la scure.... Affréttati, piangi, scongiura; l’etmanno non ti ributterà.... per lui obliasti l’onore, i genitori, Dio medesimo.