Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/273

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pultava. 232

verante nelle sue imprese, continua le trattative col monarca svedese. Ma per meglio coprire le sue mene secrete e ingannare chi fida in lui, si confina in un letto, e finge sognati mali. Si circonda d’una turba di medici, geme, invoca il cielo e gli chiede la sua guarigione. Le fatiche della guerra, le pene della vita, l’hanno ridotto agli estremi. Già è pronto a lasciar questo mondo caduco per il mondo eterno. Brama i soccorsi della religione da lui oltraggiata, e un arcivescovo viene a sparger l’olio santo sul crin canuto dello spergiuro Mazeppa.

Mosca indarno aspetta gli ospiti desiati, e prepara di nascosto giuochi solenni, in onore dello Svedese, fra mezzo alle antiche tombe nemiche. Ma Carlo volge subitamente indietro i passi, e porta la guerra nell’Ucrania.

Il gran giorno s’appressa. Mazeppa torna in vita. Quel moribondo, che ieri stava per scendere nella fossa, ecco risorge, ecco sfida il magnanimo Pietro. Impugna e vibra la spada davanti al suo esercito schierato, e galoppa impetuoso verso le sponde della Desna. Poco fa curvato e rotto dal peso dell’età, a un tratto egli si drizza sano e forte, simile a quell’astuto porporato che buttò via le grucce, quando ebbe in fronte la tiara. La incredibil notizia vola sull’ale della fama. L’Ucrania freme di sdegno, e grida: “Egli tradisce Pietro, e umilia ai piedi di Carlo le nostre disonorate insegne.” Lo sdegno rapido si spande come fiamma; arde la guerra civile.

Chi pennelleggerà l’ira che invade Pietro? L’anatema rimbomba nelle cattedrali; il boia incenerisce