Pagina:Puskin - Racconti poetici, 1856.djvu/275

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rale. Saprà vincere due o tre volte; andare di galoppo a domandar da cena al suo nemico;1 motteggiare gentilmente sulle bombe che gli cascano vicino;2 approssimarsi di notte, in gran silenzio, alle trincere nemiche; saprà levar di sella un Cosacco, e rendergli ferita per ferita,3 ma non sa lottar contro un emulo potente e perseverante; vorrebbe governar la sorte come si governa un reggimento, a suon di tamburo; è sconsiderato, ostinato, impaziente, irritabile; confidando follemente nella sua stella, stima superflua la prudenza; abbagliato dai suoi primi successi, non pone mente alla attuale superiorità delle forze russe; va a darvi di cozzo senza tema; vi si fiaccherà le corna. Vecchio come io sono, io non doveva fanatizzarmi per quel temerario; mi lasciai illudere dall’apparenza, come un inesperto e debile fanciullo.

Orlic. Aspettiam l’esito della pugna. È tempo ancora d’entrare in trattative con Pietro, e di riparare il nostro fallo. Lo Zar sconfitto da noi non ci ricuserà il suo perdono e la sua alleanza.

Mazeppa. No, è troppo tardi. Lo Zar dei Russi non può riconciliarsi meco. Già da gran tempo la mia sorte è decisa. È tanto ch’io ardo d’ira e di rancore! Ascolta quel ch’io sto per dirti. Un gior-

  1. Ciò fece Carlo in Dresda, dal re Augusto. Vedi Voltaire, Histoire de Charles XII.
  2. «Una bomba!» sclamò il secretario di Carlo. — «Ebbene, ripigliò il re, che hanno le bombe che fare colla lettera ch’io ti detto?» Ma ciò successe più tardi.
  3. Carlo visitando di notte li accampamenti russi s’accostò a un crocchio di cosacchi seduti intorno a un fuoco. Sparò il suo schioppo e ne ferì uno. I cosacchi risposero con tre colpi, uno dei quali ferì Carlo alla gamba.