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il prigioniero del caucaso. 17

fino al sepolcro. Abbandoniamo insieme queste atroci regioni; vientene meco....”

“Non mai, Russo, non mai....” interrompe essa, “il calice della vita è per me esausto. Ho provato tutto; ho gustato la felicità. Passò quel tempo; non ne riman vestigio.... Come! Tu ami una altra?... raggiungila, adorala; a che sospiro io così?... che dritto ho io ai tuoi affetti? Addio!... ogni istante del giorno io ti benedirò.... addio!... dimentica le mie torture, e porgimi la mano per l’ultima volta....”

Il prigioniero ebro di giubilo, aprendo ambo le braccia, ne circonda la bella Circassa, e con un lungo bacio di separazione, suggellano la sincerità del loro amore. Stretti in un melancolico amplesso, calano silenziosi verso la piaggia.... Ecco, già il Russo s’attuffa nel rio; già nuota e fa biancheggiar l’acqua intorno; già approda agli scogli opposti, già li agguanta e respira; ma, in quel punto, ode un tonfo e un lamento indistinto: s’arrampica sui balzi diroccati, e volge in giro la vista.... l’argentea spuma risplende sulla cresta dell’onda, ma la giovine Circassa non appare nè sul margine del fiume nè a piè del monte; tutto è muto.... Appena si sente l’alito di zeffiro fra i giunchi del lido; e già i vortici formatisi sull’acqua a poco a poco si cancellano nella corrente imbrillantata dalla luna.

Egli indovina l’accaduto. Dà uno estremo sguardo all’aúl circondato di siepi, ai prati ove menava a pascer le pecorelle, ai dirupi ove trascinava le sue catene, al ruscelletto ove si sdraiava a mezzogiorno, mentre il ruvido Circasso gorgheggiava sui monti un inno di libertà. Le dense tenebre incominciano a