Pagina:Raccolta di rime antiche toscane - Volume primo.djvu/117

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XIII.


Doglio, e sospiro di ciò, che m’avviene;
Che servo voi, soprana di biltate,
Ed in redoppio mi torna le pene,
E voi, Madonna, di ciò non curate:
Anzi mi date doglia, che mi tiene,
E che m’ancide, se voi non m’atate:
Sospira ’l core, quando mi sovviene,
Che voi m’amavi, ed ora non m’amate:
E non è meraviglia, s’io mi doglio:
Che la ventura mia tutt’or disviene,
E le bellezze vostre va indoppiando:
Quando mi penso il tempo, ch’aver soglio:
Indi speranza m’ torna tutto ’l bene;
E li conforti me ne va mancando.


XIV.


Fera ventura è quella, che m’avviene,
Ch’altri fa ’l male, ed io ne son colpato;
E faccia il mal, là v’io non pongo il piene:
Nel luoco, ov’io non vo’, ci son trovato:
Pur mal m’incontra adoperando il bene,
E porto pena de l’altrui peccato:
Sol’ una cosa è quel, che mi sostiene,
Di ciò, ch’io ne son quasi consumato.
Che la menzogna passa tostamente,
E la fermezza rimane in suo stato:
E questo aggio veduto certamente.
Però, Madonna, aggiami per scusato;
Che ’n verso voi non feci falso nente;
Che ’n verità non l’avre’ pur pensato.