Pagina:Racconti sardi.djvu/112

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dole che ora non faceva più faccende in casa, con questa passione, — ma zia Ventura la lasciava cantare, e ritornava lo stesso lassù, nella sua coltivazione prosperosa. La ragazza un giorno le minacciò di sradicarle tutto; allora zia Ventura si raccomandò a Pedru Chessa, — un altro pastore che pascolava, in comune a zio Nanneddu, la grande tanca, e che nella notte si ritirava alla stessa capanna, — si raccomandò pregandolo di tener d’occhio Manzèla allorchè si recava lassu.

— Perchè non lo dite a vostro marito? — chiese Pedru Chessa.

— Eh già! Lui fa tutto ciò che vogliono i ragazzi: se vede Manzèla a sradicare il mio orto si metterà a ridere.

— Bè! Darò io attenzione. Se la vedo... cosa devo fare?

— Dalle magari una iscavanada,1 che non ti veda Nanneddu.



Una mattina di maggio Bustianeddu e Manzèla trottavano allegramente verso l’ovile. Trottavano, cioè, per modo di dire, che il solo a trottare era Bustianeddu sulla sua cavallina.

  1. Uno schiaffo.