Pagina:Racconti sardi.djvu/63

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gliate un po’ di bene, io, senz’altra ricompensa, vado all’inferno...

— Ufh!.. — esclamò la ragazza fissandomi. Siete un fanfarone! E non che andare all’inferno, ma scommetto che non mi farete punto il piacere che vi chiedo, che è poi per altri... Vi sono cento lire per me e cento per voi, senza contare l’amore che d’ora innanzi vi porterò...

Queste ultime parole mi entusiasmarono tanto che, non sapendo come meglio ringraziare Graziarosa, cercai farle qualche carezza, sembrandomi giù di aver qualche dritto su di lei. Ma essa diede indietro dicendo: Abbasso le mani, compà, o vi piglio a schiaffi... ohè!

Brutto prologo del suo promesso amore! Siccome la notte avanzava e il vento strideva più forte fra la nebbia, Graziarosa proseguì:

— Stanotte di certo la padrona mi manda via... E donna eh, da perdonarmi! Dunque facciamo presto. Prima però di dirvi di che si tratta bisogna mi giuriate che non svelerete mai nulla, acconsentiate o no, nè che mai pronunzierete il nome mio se narrate questo fatto! — Io, appunto perchè sapevo che avrei fatto il contrario, conoscendo bene il mio carattere, proferii i più orribili giuramenti. Allora Graziarosa, a voce sommessa, mi fè noto ciò che voleva: era qualcosa di orrendo per me. Si trattava nientedimeno che di darle, mediante la sopradetta ricompensa di venti scudi e il suo futuro amore, un po’ di olio santo!..