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i0 credo sia di mano ben posteriore al diacono Roberto. L’erudita
ricerca dell’antichità classica, e lo studio delle materiali reliquie
delle antiche città non erano surti ancora nel secolo XII; o
quell’accenno, se prima del secolo XV, è un anacronismo. Due iscrizioni
grumentine sono pervenute a nostra notizia, che ricordino la
gens Aquilia. L’una attesta di un L. AQUILIUS MAMIUS Æd. Pr. II
VIR Q., che dedica un marmo all’imperatore Adriano (ROSELLI,
pag. 23); e l’altra di un’AQUILLIA MUMMA, che mette un titolo
funerario al padre suo AQUILLI PREPONTIS, come legge il MOOMMSEN
(n. 334, I. R. N.) o non Præfectus pontis, come leggeva e
interpretava il ROSELLI (Storia Grument, pag. 23) e con lui il
CORCIA (Op. cit., III, 77) ed altri. Ad uno di questi due Aquilii si
riferì probabilmente colui che, nel XVII secolo, inventò « la porta
Aquilia grumentina » degli Atti laveriani: — se pure non trasse
la notizia di una porta direttamente da quest’altra iscrizione grumentina,
che egli lesse e interpetrò a suo modo, quando dalle incise parole di
M. TITACILIUS M. F. ÆD....
PORTAM DE SUA PECUNIA FAC. CŒRAVIT....
ebbe tratto un « M. Tito Acilio. » Nel quale caso (e non improbabile)
l’antico manoscritto laveriano avrebbe dovuto leggere portan Aciliam. — Il ROSELLI, nella Storia Grumentina, di nulla
dubitando, stima che « le vestigia di questa porta si osservano vicino San Giuseppe » (pag. 24); supposizione che sarebbe in
opposizione agli Atti, fonte della notizia, i quali rizzano la porta
presso il fòro, e in opposizione a quanto egli stesso, il Roselli, asserisce (pag. 75) che il fòro « era in mezzo della città,» come
è più giusto di credere, anziché al lembo estremo delle mura.
Il Corcia, alla notizia roselliana delle vestigia che egli dice « ancora
esistenti » della porta Aquilia, aggiunge che era « la più magnifica di tutte » (III, 77). — Maravigliosa eco bibliofonica,
che pure ripetendo, nonché affievolire, ingrossa!
(15)En Grumentini felices in hac felici die Assumptionis matris Dei... cioè al 15 di agosto. — Qui l’agiografo cade in un anacronismo del tutto scusabile in uno scrittore del medio evo. Egli dà come già istituita ai tempi laveriani, cioè nell’anno 312, la festa dell’Assunzione; la quale invece fu istituita molto più tardi