Pagina:Racioppi - L'agiografia di San Laverio del 1162.djvu/32

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Capitolo VII.

CONTINUA. — TIGRI, LEONI E LEOPARDI NELLE FORESTE DELLA LUCANIA.

Agrippa, prefetto dell’Imperatore, risiede (come si argomenta dal contesto della leggenda) nella città di Acerenza. Egli condanna alle belve Laverio, risolutamente contumace di piegare al culto degli dèi bugiardi; ed ordina ai cacciatori di raccogliere ogni specie di fiere e di menarle nella città: jussit venatoribus cunctis diversa ferarum genera aggregari, et suae presentiae adduci (§ 15-10). Dal comando non trascorrono che pochi giorni — non multis interjectis diebus, dice lo scrittore — e nello < steccato dell’ampio fòro > acherontino arrivano di ogni genere belve; e tra questo le tigri, i leoni e i leopardi: Ico et tigris, taurus et leopardus, aper et aliarum ferarum genera multa (§ 10). Dalla quale enumerazione ò da inferire, senza dubbio, questo: che, a giudizio dello scrittore del secolo XII, tigri, leoni e leopardi, nonché tauri e cinghiali, popolassero lo boscaglie della Lucania nel IV secolo dopo Cristo.

     Che l’orso di un circo romano fosse ivi venuto anche dalle foreste dell’alta Lucania, si può ricavarlo dal poco spiritoso epigramma di Marziale all’infelice che vi lasciava il sanguo e la vita a sollazzo dei nipoti di Romolo:

Dedale, lucano cum sic lacereris ab uro, Quam cuperes pennas nunc habuisse tuas!

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     Che non mancassero gli orsi pei selvaggi boschi di Bantia non guari discosti da Acerenza, lo sappiamo da un testimone indigeno c tanto illustre quanto fu Orazio Fiacco. Al quale, fanciullo ancora, e, per vero,

Non sine dii animosus infans!

  1. Marziale, De Speclaculit, libel. 8.