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dopo uu errare vagabondo per le pendici del Vulture o le boscaglie bantine, accadeva di addormentarsi, ludo faticatus, presso la sorgente dell’acqua viva, a piè della quercia muscosa; e le muse invisibili, egli dice,1 così mi proteggevano benevole
Ut tutum ab atris corpore viperis
Dormirem, et ursis!
E che l’orso lo s’incontrasse per le fónde boscaglie basilicatesi, non so se peregrino sviato o abitatore stabile tra le fórre dei monti più alti, lo attestano c i molti nomi topografi locali, e qualche ricordo di storici indigeni e moderni.2
Ma tigri, leoni e leopardi nou fu dato di vederne mai sulle terre lucane, se non fu di quelli che erano venuti dall’Africa a insanguinare i circhi delle antiche città. E l’agiografo del secolo XII che nella ingenuità sua crede all’indigenato lucano di tigri e leoni, ma dimentica gli orsi, ci assicura, di rincalzo, che le fonti onde derivava il suo rigagnolo, narravano le tragedie dei santi di Africa; e in Africa l’orso non vive.