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Spanheim, verificato avrebbe il proprio anagramma da Gustavo mutando in Avgusto. Ma di questo pur convenendo, ben lamentar si può che innanzi tempo venisse privato il mondo di uno degli uomini che più l’onoravano. Un dispaccio dell’Antelmi ambasciator veneto, del 25 dicembre 1632, confermando essersi in quella battaglia sopra gli altri distinti i corazzieri di Piccolomini, soggiunge a quest’ultimo largito da Wallenstein un donativo di venti mila fiorini, al tempo medesimo il grado conferendogli di sergente maggiore di battaglia, o piuttosto, come scrisse Priorato, quello di generale di cavalleria . A lui la scelta ancora lasciavasi del luogo ove più comodamente albergar potesse nell’inverno quel reggimento. Ma quegli altri reggimenti di cavalleria per contro, che obbedivano al Pappenheim, alla morte di lui essendosi disordinati, volsero poscia in fuga e tornarono alle lor case, secondo dice l’Antelmi; il quale a gran ventura degl’imperiali attribuì una folta nebbia che involse il campo loro, e quella fuga celò agli svedesi che da essa trar potevano immensi vantaggi. Ecco ora il laconico messaggio con che annunziò Wallenstein all’imperatore l’esito di quella battaglia, che riporterò colle parole medesime dell’Antelmi che lo avrà tradotto. “Ci siamo battuti col re, il quale è rimasto morto. Io e Papnehin (Pappenheim) feriti: et s’è fatta gran strage da ambe le parti” .
Ma troppo celeremente si ritirò dopo quella battaglia il Wallenstein, non arrestandosi se non in Boemia; così che le artiglierie e le bandiere stesse che lasciò dietro di sé rimasero in potere degli svedesi: i quali poi non avendo modo di levar dal campo que’ cannoni li inchiodarono, come far dovettero di alcuni dei loro, secondo nella relazione di Silvio Piccolomini ora accennata si legge. E di questo abbandono delle artiglierie dié biasimo il Montecuccoli al Wallenstein nel suo opuscolo inedito Delle battaglie, dicendo che se per manco di cavalli lasciato