Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/448

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sufficiente presidio sarà rimasto in Komorn con quel generale, che, dice lo Stom, “ricusava di operare e di servire sotto il Montecuccoli”, continuando così sino alla fine quell’ambizioso vecchio ad osteggiare il duce supremo dell’esercito. Seguitavano i turchi a ritrarsi sempre più addietro; e trovo notato un altro fatto cavalleresco, che altri tempi, altri costumi ricordava. Narrasi adunque, che quando il visir passò vicin di Vesprim colle sue truppe, fece un accordo col comandante cristiano di quella piazza di non offendersi reciprocamente: la qual cosa non solo venne eseguita, ma quel comandante vendette ai turchi i viveri che ad essi occorrevano. Ed è singolare che allora appunto avesse dovuto Montecuccoli sostare dall’inseguimento, per attendere a procacciarsi le vettovaglie, delle quali pativa difetto. Stava egli per rimettersi in via, allorché gli pervenne un messaggio dell’internunzio imperiale a Costantinopoli, che annunziava prossimi al compimento i trattati per la pace. Questa era desiderata da quello stesso visir, che ebbe già a ricusarla nella speranza d’acquistar gloria, allorquando, al detto di Priorato, gli fu offerta dopo la perdita del forte di Zrinivar. E questo mutamento di propositi del superbo visir, che fu chiamato dal Montecuccoli negli Aforismi “umiliazione insolita al fasto barbaro”, proveniva dalla mala condizione delle sue truppe, nelle quali la battaglia di San Gottardo avea smorzato la nativa baldanza, nonché dal timore che appunto quella vittoria invogliasse gli stati della cristianità a collegarsi (come prima, benché inutilmente, aveva proposto il papa), affin di scacciare per sempre dall’Europa i mussulmani. Non tardò pertanto a giungere sicura notizia al general cesareo di una tregua di 20 anni convenuta a Costantinopoli da Walter Leslie, in nome dell’imperatore: e gli venivano per cotal cagione con offici di complimento rimandati dal visir i prigionieri, rimasti insino allora in poter suo. Sciolse perciò Raimondo la compagine del suo esercito, ordinando che ciascun corpo da sé retrocedesse sino al Danubio, ove alle necessità dei soldati, che molte e gravi erano, si sarebbe meglio provveduto. I patti di questa tregua, che si disse la pace di Vasvar dal