Pagina:Raimondo Montecuccoli, la sua famiglia e i suoi tempi.djvu/48

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a lei, come donna, era forza non dipartirsi da quanto gli altri della famiglia deliberavano circa le dimande del governo: ma protestava al tempo medesimo che ogni cosa che liberamente in servigio del principe potesse fare, non sarebbe mai stata da lei pretermessa. Non lasciava nondimanco passare senza rimostranza ogni lesione ai diritti feudali della sua casa. Così allorquando nel 1626 pretese un ministro ducale di prendere in esame un processo che dal suo commissario facevasi in Montecuccolo, ricorse essa al duca Cesare; e perché prese egli la difesa del ministro, a questo spediva bensì il processo, ma compiuto, mercé una sentenza che speditamente venne dal suo commissario pronunciata.

In altra circostanza precedente, cioè nel 1621, fu lo stesso duca che con una lettera, nella quale la faceva certa della protezion sua ad ogni occorrenza, l’avvisava aver commesso al commissario di Sestola di consegnarle, se gli venissero alle mani, due uomini, forse di Montecuccolo, rei di un omicidio perpetrato a Renno, promettendole che sempre in consimili casi così sarebbesi fatto. Codesto favore avevagli essa medesima richiesto in una lettera nella quale la protezione gli ricordava ch’ei doveva “ad una povera vedova e a questi poveri pupilli” che in altra sua essa dice “derelitti e calpestati” alludendo per avventura a qualche angheria di parenti. Ad accrescer loro il patrimonio si andava pur essa industriando, e le venne fatto di ricomperare un orto entro Modena, in contrada Terranova, esteso 93 biolche (ettari 26½ circa) che da suo marito era stato con diritto di ricupera ven-