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Peccati confessati | 5 |
frontare all’occorrenza il martirio. L’idea d’essere arrestato e mandato in galera per affar d’opinione mi sorrideva gloriosamente: amavo la galera assai più dei canditi; ciò che, avuto riguardo alla mia rispettabile ghiottornia, mi par certamente indizio di animo straordinario. — Un ergastolo come lo Spielberg! almeno almeno come quello di S. Stefano! Ma prima un carcere co’ Piombi: sì, i piombi ci hanno a essere, se no, non c’è sugo; e poi la venezianina adolescente sbirra e le zanzare e le tragedie fatte a memoria o scritte nella carta dei fichi secchi — M’esaltavo in me stesso a pensarci.
Quando il R. Revisore mi vide, non si rannuvolò, non mi guardò bieco, non fece chiamare i birri; mi sorrise anzi benevolmente, e portò l’arroganza fino al punto d’accarezzarmi la guancia! Accarezzar la guancia a un ribelle, a me che sognavo i Piombi! Era un insulto sanguinoso, e allo stesso tempo un’amara delusione. Voleva nientemeno persuadermi a sopprimer la strofa; poveraccio! non sapeva che quella strofa stava per esser colata in bronzo e apparteneva di diritto alla posterità. — Ma, santo Dio! cambiala allora; leva almeno quella parolaccia in à; metti verità, lealtà, carità; signore Iddio, mancassero parole; via, non esser poi tanto caparbio; vedi, io son di manica larga. — Mi dava del tu! Non ci voleva che questa per farmi sempre più incaponire. Dante mi sussurrava all’orecchio:
Sta, come torre ferma che non crolla
Giammai la cima per soffiar di venti;