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Ove cerco di mia vita la luce,
Squallido segatore, a te mi giro,
Di repentino gelo
Pensierosa tristezza il sen mi vince,
E nell’intimo cor gemo e sospiro:
Quale colpa o fortuna
A sì diverso fato obliga e preme
Questa dolente umanità raminga,
Ch’altri scarno e cencioso
Sul duro solco si travagli e sudi,
Altri d’ozio fastoso
E d’opulenza e di splendor si cinga?
Dunque è destin, che a’ faticosi studi
Più vil mercé si renda?
E che tanta di noi parte migliore
D’inedia eterna e di dolor languisca,
E altri del suo soffrir gioco si prenda?
Povero segatore, e a te non lice
Investigar la sacra ombra che chiude
Il tuo fier destin! Forse la prova
Di cotanto dolore
E dell’onesta poverezza i pianti
L’occulta stancheranno ira del cielo;
Chè ormai splendida e nova
Di santa civiltà stagion migliore
Ne impromettono i fati. A più sublime