Pagina:Rapisardi - Opere, I.djvu/429

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     Tanto pregò propizj al mio ritorno
     L’amor, l’onde, i celesti! Io la guardai
     Come straniero, allor che con le aperte
     Braccia al collo mi corse; ignota al core
     Mi suonò la sua voce; indifferente
     Passò sovra le mie guance il suo pianto;
     E se dolce parola ebbe il mio labbro,
     S’ebbe lagrima il ciglio, era a te volta
     La mia dolce parola e il pianto mio!
Deh, perdonami, o madre! Amor s’è fatto
     Tal tiranno di me, che a nulla io vivo
     Fuor ch’ai governi suoi. Splendido e sordo,
     Siccome fiamma voratrice, egli arde
     Nel petto mio, sugge il mio sangue, avvolge
     Tutti nel suo furor memorie e cose
     Ed affetti e speranze, e grande e solo
     Sopra il fatto deserto ei vive e regna!
Pur la vita mi è cara, e nuova attingo
     Virtù dal pianto: chè tra ’l pianto io miro
     Sorger come una dolce iri di pace,
     E crescer fra le mie lagrime il fiore
     D’una cara speranza. Oh, tu che sai
     Tutta l’anima mia, tu che sol vivi
     Della promessa del mio cor, lontana
     Gioja e sol’aura che il mio sen respira,
     Tu quel fior con le pure aure alimenta