Pagina:Rapisardi - Opere, I.djvu/482

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     Tubamenti di tortori, mugolj di bufere,
     Fragranze inebbrianti, voci d’ira e di scherno,
     Canti che stempran l’anime, baci ch’apron l’inferno.
     Ed ella passa bianca e tranquilla nel mezzo,
     Spargendo dal metallico occhio un regal disprezzo,
     Un disprezzo pietoso, ch’or di bontà si vela,
     Or sotto un carezzevole sorriso un ghigno cela,
     Un disprezzo che fiocca placido, e mette al paro
     Un sultano ed un mozzo, un sofo ed un somaro,
     Quasimodo ed Antinoo, chi gavazza nell’oro
     E chi muore all’ospizio, Lucifero e Coccòro.
     La buona gente credula, che di cotidiane
     Malignità si nutre e a cui l’invidia è pane,
     Brontola, ch’è una maga, che può co’ filtri suoi
     Cangiar gli uomini in bruti, ed i bruti in eroi;
     Che la sua casa è fatta d’umane ossa; che suole
     Dar la vita o la morte con due strane parole;
     Che cibasi di cuori ingenui, e con boccuccia
     Rosea di bimba il sangue dei suoi più cari succia;
     Che, mentre par che langua di voluttà infinita,
     Spezza con un sorriso birichino una vita.
     Sarà; ma questa brava gente che in folla è prode,
     E, quando ella è lontana, a denigrarla gode,
     So che presa in disparte e posta a lei di faccia
     Si distrugge d’averla un’ora fra le braccia;
     E se l’abbominevole strega ad un volga gli occhi,