Pagina:Rapisardi - Opere, I.djvu/483

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     Balbettando ei scolorasi, e le cade a’ ginocchi.
     Ma della turba ignara che importa a lei? Soffusa
     Di bagliori fantastici a lei ride la musa;
     A lei ride, oltre il fango terren battendo l’ale,
     Un idolo, un fantasima, un bizzarro ideale,
     Dritto sopra la cima d’un granitico monte,
     Tutto fremiti il corpo, tutto lampi la fronte.
     Vogano a lei per torbidi flutti gli amori; ed ella
     Tutta assorta nel sogno de l’immagine bella,
     Le braccia apre, li accoglie sul petto, e nell’ebbrezza
     D’un istante li soffoca, (ma con quanta dolcezza
     Voluttuosa!) e torna a sognare. S’attrista,
     Quando le avanza tempo, dei suoi morti alla vista,
     E prodiga sul capo delle vittime il terso
     Tesor della sua mente e del suo core, il verso,
     Il verso agile, vario, pien di strani susurri,
     Di fruscj d’ale, d’ombre, di soleggiati azzurri,
     Il verso ch’or lingueggia trepido al firmamento
     Come spirito, or passa malinconico e lento
     Fra’ mirteti e i rosaj rifiorenti alla pioggia
     Di settembre, or s’inchina languido, or fiero poggia,
     Or mollemente avvolgesi ad un ricordo santo,
     Come ad un capitello tenue foglia d’acanto,
     Or nei promiscui talami, dopo una prece all’ara,
     Folleggia, or come lampada, splende sopra una bara,
     Or s’aggira oblioso tra ’l vulgo inverecondo