Pagina:Ratti - Biblioteca e archivio di S. Colombano.djvu/31

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che dei libri, che in essi riposavano. Se i documenti riferiti offendono con la stessa ingenua e, stavo per dire, incosciente rivelazione della burocratica brutalità onde furono trattate le venerande reliquie di cose tanto venerande, in compenso aggiungono qualche punto alle nostre cognizioni.

Nel 1824 Amedeo Peyron, ne’ suoi cenni sulle vicende de:lla biblioteca bobbiese (15), senza precisare nè date nè persone nè cose, diceva che, sopragiunta come fiumana impetuosa l’invasione de’ repubblicani francesi e decretata da questi la soppressione delle congregazioni religiose con la devoluzione al fisco delle loro possessioni e supellettili, i poco più che cento codici allora superstiti, messi a ruba fra’ monaci, cittadini e agenti della Repubblica. andarono così dispersi e rovinati, che non uno passò in publica biblioteca, venduti gli uni in Francia, rimasti gli altri in mani private: e aggiunge che di questi ultimi ben sessantanove egli ebbe nelle mani, fra’ quali potè anche scegliere alcuni (quosdam) da riporre nella biblioteca torinese. Notava poi che tra il 1822 ed il 1824 altri codici bobbiesi, più che trenta di numero, erano pervenuti alla biblioteca stessa (16).

Adesso, grazie ai nostri documenti, noi sappiamo che già a’ 7 di settembre dell’anno, pare (17), 1801 i commissari i della sotto-prefettura del dipartimento di Marengo, Paolo Malchiodi sindaco del comune di Bobbio e Maria Giuseppe Olmi giudice di pace del medesimo luogo, avevano preso possesso della biblioteca di S. Colombano assicurandosene con l’apposizione de’ suggelli. Autorizzati e delegati con lettere de’ 9 settem-