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Don Giovanni ed il Commendatore stanno l’uno di fronte all’altro, senza pronunciare parola. Questa scena è bella, e produce profonda impressione, imperocchè la musica vi compare quella potenza celeste, quasi voce insensibile di Dio, quasi annuncio del giudicio tremendo che sta per colpire Don Giovanni. Non sì tosto cessa la musica, il Commendatore invita a sua volta Don Giovanni a pranzo a casa sua, vale dire fra le tombe, ed il Tenorio, da vero cavaliere, non si arrischia a declinare l’invito rispondendo che verrà.

Lo troviamo quindi fra le tombe dove è solo. Sta apparecchiata fra mezzo ai monumenti una tavola ricoperta d’un drappo nero, sulla quale stanno fiaschi e bicchieri; la mensa è adorna di teschi umani. Tutto ad un tratto l’arrivo dello spettro è annunciato come nella prima scena da alcuni colpi sotto terra, e tutto ad un tratto si rizza solenne la bianca sua figura, «Mangia!» dice lo spettro. Don Giovanni spaventato si tira addietro e «Non posso mangiare» risponde con voce tremante. «Vuoi udire musica?» «Sì» risponde Don Giovanni. Segue una breve pausa, durante la quale non si ode che la musica; i musicanti, quattro suonatori di corno ed uno di contrabasso, fanno tutto il loro possibile per produrre un’armonia infernale, ed era facile riconoscere dalla fisonomia degli spettatori, che non avevano i musicanti mancato il loro scopo. Non appena tace la musica, lo spettro prende a parlare, e volge in tuono cappucinesco una viva esortazione a Don Giovanni, perchè voglia rientrare in sè stesso, pensare alla salute della sua anima, e volgersi a Dio. Ma Don Giovanni con alterigia di cavaliere, ricusa convertirsi. Segue allora il colpo di scena finale, il Commendatore prende Don Giovanni per la mano, e s’apre l’abisso, da cui sorgono fiamme terribili di colofonia. Don Giovanni non appena vede la voragine, novello Curzio si slancia eroicamente per entro le fiamme di colofonia.

Nell’ultima scena si vede l’inferno stesso, colle sue fiamme ultrici, rappresentate da fuochi di Bengala. Vi si