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sini, sui monti vicini. I Subiacesi s’impadronirono perfino della bandiera delle truppe papali, la quale si conserva tuttora, quale trofeo, nella chiesa del monastero di S. Scolastica, ed in ogni anno, nel giorno della battaglia la memoria di una vittoria contro un Papa, viene festeggiato con una processione.

La signoria dei Colonna nella abbazia era tirranica e secondo gli usi dei secoli XVI e XVII, un reggimento baronale, pienamente arbitrario sulla foggia di quello lombardo-spagnuolo descritto dal Manzoni nei suoi Promessi Sposi. Quei cardinali lussuriosi, ambiziosi, nel loro palazzo non consideravano la porpora di cui erano rivestiti, altrimenti che un’assisa principesca; i loro banditi assoldati, che portavano di già il nome di bravi, obbedivano ad ogni loro cenno, e non eravi nè proprietà nè onore di famiglia che fosse sicuro contro gl’insulti di quei masnadieri, accampati nel cortile della rocca baronale. Nel momento in cui erano più ardenti le contestazioni tra Farfa e Montecassino avvenne che in una notte Scaccia diavolo, il temuto bravo del cardinal Pompeo, alla testa di quaranta quattro uomini armati, assalì il monastero di S. Scolastica, e dopo averlo messo a sacco, nè cacciò tutti i monaci. Si disse che il cardinale non fosse estraneo alla bella impresa, e difatti venne dal Papa deposto dalla carica, alla quale non tardò però ad essere richiamato. La storia di quei tempi è ricca pur troppo di tali atti di prepotenza, e non mancano in Subiaco località, le quali ricordano memorie feroci. Si fa vedere tuttora sotto la piazza della rocca un sito dove parecchi cittadini vennero sepolti vivi, barbara maniera di supplicio, perchè s’interravano fino al collo, lasciandoli poi perire lentamente. Fra le altre scene, Subiaco fu pure spettatore di quell’orribile parricidio, che fu di ostacolo alla grazia verso la famiglia Cenci. Un giovane della casa S. Croce di Roma, aveva uccisa la propria madre nel 1599 in Subiaco, ed è noto che all’annuncio di questo orribile misfatto, il Papa sottoscrisse la sentenza di morte di Beatrice Cenci, della sua madrigna, e di suo fratello.