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mente. Nel visitare però la stupenda e vasta cucina, ho potuto sentirvi il piacevole odore di un banchetto omerico il quale mi persuase che i monaci non debbano osservare alla lettera la regola pitagorica di S. Benedetto, la quale vieta i cibi animali.

Rechiamoci ora a visitare il santuario propriamente detto dei Benedettini, vale a dire quel secondo piccolo monastero, che venne edificato alla metà del secolo XI sopra la grotta S. Benedetto, e che pertanto ha nome di sacro speco. I monaci di Montecassino costrussero nel 1688 la strada che su per la rupe porta alla grotta, salita ripida e faticosa, ma dalla quale si scorgono punti di vista stupendi. Imperocchè, mentre si sale lungo l’Anio, il quale romoreggia profondamente al basso, si scorge la bella valle di Subiaco che fa seguito alla gola grandiosa dell’Anio stesso. In lontananza, colà dove la valle pare aver termine, si scorge la piccola e montuosa città di Jenna, patria di Papa Alessandro IV e dell’abate Lando, della famiglia dei conti di Segni. Di fronte alla sacra grotta, sorge un folto ed ombroso bosco di elci, il quale risale probabilmente ai tempi di Benedetto, e che sembra al pari dei boschi sacri degli antichi, annunciare la vicinanza di un mistero.

Le piccole costruzioni dei monasteri, e delle chiese fabbricate poco a poco sopra la grotta, sono quasi incastrate nella ripida parete gigantesca della rupe, e porgono una mistura originale di stile di epoche diverse; nè mancano qua e là pitture a fresco sui muri esterni. Si passa sopra un ponte in muratura, il quale nel medio evo può aver servito di ponte levatoio, e si entra in una galleria lunga e stretta, la quale porta nell’interno del convento. Vi si scorgono buone pitture di soggetti tolti dai Vangeli, di data moderna, e stanno scritte sulle mura sentenze morali, che si possono leggere con piacere. Vi lessi, Peccare pudeat, corrigi non pigeat ed in un altro punto, i distici seguenti:

Lumina si queris Benedicte quid eligis antra?
Quæsiti servant luminis antra nihil.