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piazza; l’inevitabile tombola o lotteria, ed alla sera fuoco d’artificio. Taluni dei pellegrini allora si permettono pure di ballare sotto gli elci che sorgono in vicinanza al santuario; la maggior parte però, non appena hanno compiute le loro preghiere, ed offerti i loro doni, si dispongono a fare processionalmente ritorno alle case loro, cantando e portando seco i mazzi di fiori artificiali, di rose e di garofani, che nei paesi meridionali si sogliono vendere in tutte le occasioni di feste pubbliche. Giunti al punto della strada di dove si vede per l’ultima volta Genazzano, s’inginocchiano appoggiati ai loro bordoni, e pregano silenziosi, collo sguardo rivolto al santuario, quasi volessero prendere congedo da questo, rivelando, particolarmente le donne, una vera commozione. Tal scena all’aria libera, mi parve la più bella di tutte, e mi produsse viva impressione.

Allontaniamoci noi pure a nostra volta da Genazzano, per portarci a Pagliano ed Anagni.

Pagliano, piccola città di un tre mille e settecento abitanti, giace alla distanza di circa sei miglia da Genazzano, sur una collina ombreggiata da boschi e coltivata da vigneti, la quale sorge isolata nella pianura. Vi si arriva per una bella ed ampia strada, la quale attraversa vasti campi seminati a grano turco, ed a poca distanza, a sinistra, si estolle in forma piramidale il monte Serrona, il quale signoreggia tutta quanta la contrada, imprimendole un carattere serio e grandioso.

Più piacevole però ancora, si è il sentiero facilmente praticabile a cavallo, il quale porta in cima alla collina. Sorge colà una piccola fortezza bianca, e fu punto d’importanza, contrastato di frequente nelle guerre della campagna romana, e particolarmente nelle lotte fra i Colonnesi ed i Papi. Ora venne ridotta a bagno od a prigione, e vi stanno un duecento galeotti, sotto la custodia di un distaccamento di cacciatori pontifici. La città, piacevole per la sua amena posizione, si stende più basso, tutto attorno al castello. Le strade, le piazze stesse, vi sono anguste; le