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Lante della Rovere, Margherta maritata a Giulio Cesare Rospigliosi, e Vittoria maritata a Francesco Barberini; la famiglia venne continuata da suo fratello Fabricio, avo di Giovanni Andrea Colonna, attuale capo del casato.

Tali sono le notizie che mi parve opportuno dare al lettore, prima di introdurlo nel castello di Pagliano. Se non che questo castello famoso una volta per magnificenza e splendidezza, non è più attualmente, al pari di tanti palazzi e castelli baronali nelle città e nelle campagne, che una grande casa deserta e silenziosa, nella quale un custode brontolone, additandovi le nude pareti, lamenta siano scomparse le belle armerie, trofei di tante battaglie, e siano stati alienati o trasportati altrove, o andati dispersi, i quadri preziosi. Non è però senza soddisfazione che si visitano quei castelli antichi e disabitati, dove gli alberi genealogici anneriti dalla polvere e dal fumo, stanno appesi tuttora alle pareti, quasi piante diseccate, e dove le tapezzerie pendono dalle pareti stesse non meno lacere dei diplomi che il tempo ed i vassalli ridussero in pezzi. Vi appaiono quasi spettri i ritratti che tuttora vi si scorgono di lunga serie di antenati, anneriti dal tempo nelle loro massiccie cornici dorate, e traggono a sè lo sguardo con quella potenza secreta, tutta propria del passato. Vi sono ritratti di guerrieri, di cardinali, di belle gentildonne, per le quali l’acconciatura alla Maria Stuarda, indica l’epoca in cui vissero. Per dir vero non ho trovato in Pagliano che una trentina di ritratti, i quali mi comparvero tanto più misteriosi, per non avere saputo il castellano indicarmi il nome di veruno. La sua testa era più vuota, più disabitata del palazzo de’ suoi padroni; non sapeva propriamente nulla di nulla. Quanto non avrei desiderato però, sapere il nome di quella bellissimà donna, pallida, cogli occhi neri, abbigliata di velluto rosso, annerito dal tempo. Non cercavo che un uomo. Era dessa Felicita Orsini o Lucrezia Tomacelli, o Diana Paleotti? Oppure era dessa quell’infelice duchessa di Pagliano, il cui tragico fine formò uno dei romanzi più singolari del suo tempo? Dessa però non fu