Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/430

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occhi la classica Campania attraversata dal Liri, il cui nome poetico risveglia le idee le più graziose, le più soavi.

Nell’uscire dalle porte dell’alta città di Veroli, e nel camminare lungo le sue mura rovinate per metà, prima di scendere nella pianura, ebbi per la prima volta la vista della regione che intendevo percorrere. Ma stavano a diritta i Campi di Ceprano, il suo ponte dove Manfredo fu tradito, e più in là la Catena azzurra dei monti volsci; a sinistra i monti maestosi di Sora, i quali appongiandosi agli Abruzzi, piegano verso il Miri. Ma quella che fissò in modo particolare il mio sguardo fu la vetta di un monte, per dir meglio la costa bianca che si scorgeva in cima a quello. Era dessa Arpino, la patria di Mario, e di Cicerone. Produce grande impressione il vedere per la prima volta, e per di più in modo confuso ed a distanza una località la quale segna due grandi epoche, e di cui vi è noto il nome fin dall’infanzia. Ricorrono alla memoria infiniti particolari dell’età giovanile, ed alla vista di Arpino, il mio pensiero si riportava ai banchi della scuola, su cui ci veniva spiegate Cicerone, allo stesso volume stracciato e stampato su carlaccia di colore bigio delle sue orazioni allo altisonante ed indimenticabile Quousque tandem Catilina! Ed ora mi trovo precisamente in vista della patria di Cicerone, di quello Arpino, che a quell’epoca non avrei mai sperato, o creduto di dover vedere un giorno.

Mi fu d’uopo scendere di cavallo per il ripido sentiero che ci portava abbasso da Veroli, che non havvi altra strada carrozzabile, all’infuori di quella sotto Casamari, e tutta questa regione dei confini latini non ha altro mezzo di comunicazione coi paesi finitimi che la via Latina, la quale porta a Capua. Tutti gli abitati che scorgevano intorno a noi, in gran parte più antichi di Roma, sorgono in cima a colline sassose, neri, cupi di aspetto, e da secoli nello stesso stato. I conti ed i baroni el medio evo vi avevano fabbricato in ognuno il loro castello feudale, che sorge tuttora abbandonato e deserto a stanza dei gufì. Il contadino vi lavora tuttora, soggetto ad un principe romano,