Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/438

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vegetazione, praterie freschissime, ma vi tovrai pure la dogana napoletana. Mi fu forza far ivi una lunga fermata e perdervi gran tempo a motivo di sei poveri volumi. Ad eccezione di un Orazio, riguardavano tutti la storia del medio evo; si può quindi pensare se fossero innocenti! ma gl’impiegati di dogana non ne comprendevano il titolo. Lamentarono per dir vero meco la morte di Humboldt, quasi dovesse riuscire questa dannosa alla coltura intellettuale di Napoli; lodarono l’istruzione della Prussia, dove le opere filosofiche sono famigliari ad ognuno; ma conchiusero che i miei sei volumi costituivano merce di contrabbando, che dovevano spedirli al capo luogo, ad ufficio superiore che mi sarebbero stati restituiti fra due o tre giorni. Osservai che ben diversamente procedevano le cose in Germania mia patria, dove si procura agevolare agli studiosi i mezzi di viaggiare, anzichè creare loro ostacoli, e che trovavo addirittura barbare le loro leggi di dogana. Intanto mi rallegrai per aver avuta la precauzione di non recare meco a Montecassino miei manoscritti, che diversamente avrei corso il rischio di perdere il frutto di alcuni anni di lavoro. Questa è la sorte che in questo beato regno di Napoli può toccare ad uno straniero, che viaggi occupandosi tranquillamente di studi seri intorno al medio evo; e difatti non havvi proibizione più stupida, più barbara di questa contro l’introduzione dei libri. In ultima analisi però, mi riuscì persuadere quell’impiegato, il quale era del resto uomo garbato, che poteva lasciar passare i poveri miei volumi, senza punto mancare el suo dovere. Vuole poi giustizia che io accenni, come sia più liberale lo stesse governo del papa; allorquando tornai di Montecassino con gli stessi libri, con altri che mi aveva colà regalato D. Luigi Tosti, e coi materiali che avevo colà raccolto, e che mi presentai con quella merce di contrabbando al ponte di Ceprano, l’impiegato della dogana pontificia non fece che gettarvi sopra un rapido sguardo, e mi disse con gentilezza romana. «Passate pure Signore.»

Intanto io aveva perduto un tempo prezioso, e quasi,