Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/484

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presente senza significato, i quali tornati appena dai campi di battaglia sanguinosi di Magenta e di Solferino, si andavano preparando in questo palazzo dei Papi a partire per tenere guarnigione in quella stessa Roma papale, la quale trovasi ora in condizioni ben più critiche di quanto fosse ai tempi di Cola di Rienzo; quei soldati si frapponevano di continuo fra me e le imagini del passato. Dessi non avevano idea veruna nè di Petrarca, nè di Madonna Laura, nè di Cola di Rienzo, nè di Giovanna di Napoli; sapevano però che quelle mura avevano albergato Papi, e potevano pensare che anche attualmente un Papa era in certo modo prigioniero della Francia, e che si andava dicendo potesse venire condotto in Avignone. Non potevo a meno di considerare in quelle stanze, come le condizioni attuali del Papato porgano una grande rassomiglianza coll’epoca della novella cattività di Babilonia, ed intanto andavo cercando di bel nuovo, fra quei soldati chiassosi, le ombre di Petrarca, di Madonna Laura, di Cola di Rienzo, le quali mi parevano aggirarsi in quegli appartamenti ridiventati splendidi, ed illuminati da centinaia di fiaccole, in mezzo alla folla dei cavalieri, delle dame, dei prelati, dei cortigiani.

Fu pertanto in queste mura, ed in principio del 1344 che Cola di Rienzo tenne discorso a Clemente VI. L’argomento era ricco, adatto ad un Demostene, o ad un Cicerone; il giovane e bello oratore aveva posto tutto il suo impegno per arrivare a commuovere il Papa, e quella illustre assemblea, acquistando contemporaneamente a sè fama non peritura. Fece una pittura vivace della miseria in cui era caduta Roma, e descrisse in particolare modo i soprusi, e la prepotenza dei baroni. Questa fu la causa della sua rovina. I Colonna, fra i quali il cardinale Giovanni che era presente, posero il Papa in guardia contro l’ardito demagoga, e Cola licenziato di mal garbo, rimase un certo tempo in Avignone in povero stato, oggetto di scherno dei cardinali e dei grandi, mentre lo spirito suo irrequieto andava macchinando sogni, e disegni arrischiati per l’avvenire.