Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/485

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Intanto Clemente VI finì per trovarsi costretto a rimandarlo a Roma, nella qualità di notaro della camera municipale. Di là ebbe principio la sua carriera fantastica in Roma, nella quale si propose non solo di richiamare la città all’antica grandezza, ma ancora di fondare l’unità d’Italia.

Il grande tribuno ricomparve ancora una volta nello stesso palazzo di Avignone. Il primo atto del meraviglioso suo dramma aveva avuto luogo in Roma. Venne nel 1351 quale prigioniero da Praga, consegnato dall’imperatore Carlo VI. Allorquando arrivò in città, scortato da uomini armati, tutto il popolo si mosse per vedere l’uomo singolare, che avea operato cose cotanto straordinarie in Roma. Cola fu condotto nel palazzo, trattenuto ivi in carcere, somministrandoglisi vitto scarso; gli venne fatto processo al quale presero viva parte non solo in Avignone, ma tutto il mondo. Erano grande il prestigio del suo nome, de’ suoi atti; la gloria classica di Roma circondava colui che aveva osato vestire la toga. e presentarsi qual tribuno del popolo, rinnovando, la storia antica del popolo conquistatore dell’universo. Si andava dicendo inoltre che egli era poeta, e che il condannare a morte un vate, sarebbe stata cosa mostruosa, inaudita. Il popolo di Avignone era amante della poesia, Clemente stesso coltivava le Muse, e Petrarca scriveva epistole commoventi ai Romani, richiedendoli di tentare per mezzo di un’ambasciata, la salvezza del suo infelice amico. Intanto Cola se ne stava rinchiuso fantasticando in una torre del castello, forse in quella terribile Trouillas la quale sussiste oggidì tuttora; non si sa con precisione il luogo dove venisse rinchiuso, ma la tradizione accenna quella torre quale sua prigione. La sua detenzione però si andò facendo meno severa; gli sì mandavano cibi dalla tavola del Papa, gli si permetteva avere libri, ed egli si immergeva nella lettura assidua di Tito Livio, nel quale trovava descritta la grandezza antica dei Romani, ed in cui poteva ravvisare l’imagine tanto delle sue gesta, quanto della sorte che lo aspettava. Visse colà fino all’agosto del