Pagina:Ricordi storici e pittorici d'Italia.djvu/524

Da Wikisource.

— 172 —


Mi posi a sedere ai piedi di un cipresso, gettando lo sguardo nei sottoposti giardini, dove i tralci delle viti, lievamenti agitati dalla brezza marina pendevano a foggia di festoni dagli alberi, come nelle pitture di Pompei le quali rappresentano le baccanti. Avevo letto un libro, in cui non so più qual erudito non sapeva darsi pace come quelle giovani donne ballassero per aria, sostenendo che ciò era contro natura, che dovevano pure posare sul suolo i loro piedi, e che tali affreschi non erano altro che capricci di una imaginazione sbrigliata. Sono pure gran povere cose l’erudizione, e l’archeologia! In questa regione di paradiso le cose si sentono e si comprendono tuttora, come le sentivano e le comprendevano gli antichi. Regna qui tuttora l’idea del culto di Bacco, l’imaginazione si solleva per aria come una baccante col tirso; uno si sente staccare dalla terra, e spaziare sciolto da ogni vincolo, nell’atmosfera.

Perchè avviene però, che le bellezze naturali ed i sentimenti cristiani, in presenza delle più grandi meraviglie della creazione risveglino pur sempre idee tristi! Ero arrivato sur un’altura, dove alcuni militari svizzeri stavano bevendo fuori di una piccola bettola, allogata in una capanna di paglia. Si dominavano di colà il mare, le isole di Nisida, di Procida, d’lschia, immerse nelle più belle tinte del sole che stava per tramontare. Uno di quei militari mi si avvicinò; era un semplice soldato; e gettando uno sguardo su quello spettacolo meraviglioso, mi disse con tuono di mestizia: «Come è bello! troppo bello! rende malinconico!»

III.

Ho viste ora le tre più belle città marittime d’ltalia, Napoli, Palermo, e Genova, le quali gareggiano per bellezza di posizione, e posso paragonarle le une alle altre. Il primato si appartiene fuor di dubbio a Napoli, impe-