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La è cosa probabile, che fra tutte quelle figure mitologiche, quella di Mercurio il patrono dei negozianti e dei banchieri, il Rothschild dell’Olimpo, doveva essere quella che tornava più accetta, più intelligibile agli abitanti del Ghetto. Del resto tutti gli emblema di quel povero popolo, si riferivano sempre più o meno ad una idea sola, danaro; e sempre danaro; e difatti vi si scorgevano molto prediletti i corni di abbondanza, dai quali sgorgavano monete di oro, vino e pane.

Gli Ebrei presentarono a Pio VII, Chiaramonti, tutti i loro emblemi e motti raccolti in un volume stupendamente legato, e maestrevolmente miniato, e glielo porse in Venezia il rabbino Leone di Leone di Ebron, vestito alla foggia orientale con turbante, kaftan, e lunga barba. La dedica in lingua latina era la seguente

Pio Septimo P. O. M.
Qua die imperii gubernacula solemniter suscipit
Quod bonum felix faustumque sit
Festivissima Hebreorum Universitas D. D. D.

Come si scorge, gli Ebrei di Roma non avevano abitato senza profitto presso il classico portico di Ottavia. La dedica poi in versi, che seguiva dopo avere cominciato con un O prettamente giudaico, prima di arrivare al Papa chiamava in scena Apollo.

O si me cythara plectroque invaret Apollo,
Concinerem summi, maxima regna Pii.

Per Gregorio XVI gli Ebrei fecero dipingere dal pittore Pietro Paoletti di Belluno, concittadino del nuovo Papa, un libro che conteneva tutti gli emblemi e tutte le poesie, e fattolo riccamente legare lo presentarono al Pontefice, il quale volle mandarlo in dono al capitolo della sua città natale. Anche a Pio IX, attualmente regnante venne presentato un libro simile, nel quale il rabbino di Roma, versatissimo nella letteratura ebraica, a quanto mi accertarono suoi correligionari, raccolse preziosi emblema, e