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vita, si radunarono gli Ebrei tutti, nessuno essendone rimasto addietro, facendo un gran fuoco di piante di cardi essicati; vi collocarono il cadavere, il quale venne consumato ed arso, e siccome quello che era grasso, dice la vita, ardeva volontieri. Gli Ebrei stavano attorno silenziosi, aggiungendo piante alla catasta per ravvivare il fuoco; ed il cadavere fu tutto ridotto in cenere, per modo che non ne sopravanzo la più piccola reliquia. Non si può credere che gli Ebrei abbiano voluto rendere quest’ultimo tributo a Cola per amorevolezza, imperochè questi trattava il popolo romano con disprezzo. Vollero più probabilmente con ciò far cosa accetta ai Colonna; imperochè il reggimento severo di Cola, il quale aveva recato ordine in ogni cosa, non poteva per certo andare a sangue a coloro i quali suolevano pescare nel torbido, ed arricchirsi col ricettare roba rubata e colla usura.

Facciamo ora ritorno dopo questo episodio alle prediche degli Ebrei. Non ebbero queste luogo più tardi che cinque volte all’anno, e stavano per andare addiritura in disuso, allorquando Leone XII volle rinnovare l’obbligo. Oggi però, anche questa barbarie è scomparsa; venne tolta di mezzo, a quanto mi si disse, nel primo anno liberale di pontificato di Pio IX.

Gli Ebrei convertiti acquistavano come di ragione la cittadinanza romana, con tutti i vantaggi che sono a questa inerenti. Non era raro che Ebrei appartenenti al Ghetto si facessero battezzare, e questi, siccome suole avvenire di tutti coloro che abbracciano religione novella, erano più fanatici nel volere ottenere conversioni, di quelli stessi che li avevono convertiti. Si possono leggere ancora oggidì sulla fronte di una chiesa la quale sorge in faccia al Ghetto, presso il ponte Quattro Capi, e dove sta dipinta una crocifissione, scritte in ebraico ed in latino le parole del secondo versetto del capitolo sessantesimo quinto d’Isaia: «Io stendo tutto il giorno la mia mano ad un popolo disobidiente, il quale batte una via la quale non è la retta.» E questa esortazione a’ suoi antichi correligionari,