Pagina:Rimatori siculo-toscani del Dugento.djvu/156

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146 iii - i rimatori pisani

15Rallegrando isperanza il mio coraggio,
simiglia sostenendo,
grave ognor pene, credo udendo dire,
ma la potenza, di cui so’ ’n servaggio,
e la figur’avendo
20’maginata nel core ad ubidire,
parte natura e muta di suo loco,
disnaturando prende
di selvaggia mainerà tanta possa;
und’è che non si’ mossa
25giammai, sperando quasi di conforto,
la speranza di porto,
poi sempr’a voglia di servir s’inchina
sormontando ’l meo core e mai non fina.
Servire in me non fina voglia pare
30d’amoroso; si ha preso
lo meo cor di disio volere fiso.
E divisando che temo d’amare
ch’i’ sia di lei ripreso,
com’om’d’altezza ch’è’n tutto diviso,
35tutto temenza n’aggio, si conforto,
isperando tuttore,
considerando la sua canoscenza:
unde i’ fosse piagenza,
mantenendo vorria mevi servente;
40che si lealemente
fermo mi troverebbe in cor siguro,
simile quasi corno l’oro puro.
Servente puro me trovando e vero
di lei fermo tenesse
45vorria, né più disio mantener pregio:
e me trovando come sono e spero,
quasi tem’e’ di me, se
tanto di virtù lei valere i’ pregio.
La quale, come sòie us’e natura,
50che non già punto viso