Pagina:Rimatori siculo-toscani del Dugento.djvu/178

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168 iii - i rimatori pisani

30né de’ sua voglia esser nighettosa,
né di vilezza le suoie opre piene,
né ira fare in lui occupamento;
ma levar, sanamento
se de’ isperando da colui che pare,
35siccome vero pare,
no ha, ni ebbe, ni mai aver dia,
il qual sempre desia
prosperità a om’dare e valenza
e vòle e pò per sua magna eccellenza.
40Prova vera vertù vertudiosa
colui ch’aversità fermo destene,
per sua valenza a farne occultamento,
e ’n tal mainerà de’ lui graziosa
esser, dico, se vero ei cerne bene;
45che, come purga metallo elemento,
cosi ho credimento
che sia d’aversità ’l propio purgare,
vincere e conculcare
di ciascun vizii che parato stia
50voler, che noi’ seria
fòr d’altro frutto: e ciò è pacienza
che dà vertù in cui fa su’ aderenza.
Tant’è magna di Dio e valorosa
la potenza, che cose onne sosténe,
55ch’a’ monti pò legger dar mutamento,
e chiara cosa far eh ’è tenebrosa
e diletto tornar, tormento s’éne,
e qual più vivo par dar finimento.
Dunque dischiaramento
60e libertà pòn servo seguitare,
e ciò hae sperare,
che disse santo di filosofia,
in cui non fu falsia:
«S’avesse om’fede, u vera intelligenza,
65fare’ mover li monti a sua indigenza».