Pagina:Rimatori siculo-toscani del Dugento.djvu/21

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i - meo abbracciavacca

II

Al medesimo

Tornato di Francia, espone le sue miserie.


     Vacche né tora piò neente bado,
che per li tempi assai m’han corneggiato:
fata né strega non m’hav’allacciato,
ma la francesca gente non privado.
5 Se dai boni bisogno mi fa rado,
doglio piò se ne fosse bandeggiato.
Signor, non siate ver’me corucciato,
ché lo core ver’voi umile strado.
     Sacciate, nato fui da strettoia:
10quanto dibatto piò, stringe, non muta
la rota di Fortuna mio tormento.
     Non son giá mio, né voglio mia sentuta:
se mi volless’, arei tristo talento,
e di quello che vói mia vista croia.


III

Al medesimo

Se Dio possa usare misericordia verso di lui peccatore.


      Onesto e savio religioso frate Guittone, Meo Abracciavacca. A ciò che piú vi piace e’ son sempre con volontá di servire.

S’amore crea solo di piacere, e piacere solo di bono, temo di convenire a vostra contanza, perché non è fòr d’amore amistate, ned amore fòr simile di vertú infra li amici. Mò, sostenendo veritá, conoscenza e bono desio, sono costretto a desiderare per ragione; unde conforto che’l sano di voi gusto sosterrá lo mio amaro cibo: ché non fora benignitá scifare bono volere d’alcuno che l’have in servire, ma pare dirittura di sovenire a colui che si vòle apressare a quello che porge e sovene a privadi e a strangi. Perciò vi dimando che sia brunito lo mio ruginoso sentore de la quistione di sotto per sonetto hovvi scritto.