Pagina:Rimatori siculo-toscani del Dugento.djvu/23

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i - meo abbracciavacca


     Pensando ch’ogni cosa aggio da Dio,
non so di che mendar lui possa fallo;
ché alma e corpo e vita e mondo ’n fio
mi die’ per lui servire a fermo stallo.
     5Ed eo ’l diservo, in che tegna disio,
non sento di che dica: — Esso disfallo. —
Aldo misericordia dir: com’io
creder lo possa, non veo, si n’avallo.
     Ché pur somma giustizia è fòr defetto.
10Al vero Dio misericordia come
chede contr’essa e m’opera salute
     vorrial sapere; e poi di loro assetto,
avendo pieno ciascuna su’ nome
dal Signor nostro, ch’è tutto vertute.


V

A Bindo d’Alessio Donati

Rimprovera l’amico d’essersi perduto in vizi carnali.

Amico Bindo, Meo Abracciavacca ciò che piú ti sia bono.

L’amistá fredda, celata d’amici lungiament’è veduta: però convene ad essa socorso di parole, almeno visitazione. Unde pesamevi non poco non di tuo stato inteso per te alcuna cosa, e ponderosa via piú mi grava odita quasi di pubrica voce non bene aconcia in tuo pregio. Di che bono comincio torna, per sentenzia di troppo avacciata natura, lá dove pregio montato avalla, poi suo podere noi sostene. Di che fora minore assai male no aver cominciato che partir di bono comincio. Ché rasa scrittura di carta peggio poi loco si scrive, e cosí pregio istinto nel core peggio ralluma. Ahi come pare laido ditto, dicendo: — Quei fu giá bono! — Ahi, carnal desiderio, quanti nobili e grandi hai nabissati! Porsi sembrati scusa s’avete vinto? No, ma defensione piú laude porta. Onne operazione vòle misura, e fòr d’essa vizio si trova; e quanto meno ende fori, meno bave vizio podere. Donque, se misurare omo non puote volontá carnale, apressi