Pagina:Rime (Andreini).djvu/10

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to ardir di prenderla, conoscendo, ch’ella è troppo humile alla sua grandezza, quand’io non sapessi, che non per altro à lei hò voluto dedicarle, che perch’ella conosca, ch’io serbo memoria delle grazie ricevute, e per segno della riverenza, ch’io le porto. oltre che m’è parso ancora, non dirò convenevole, ma necessario (dovend’io à persuasione di molti mandarle alla luce del Mondo) il consacrarle non ad altrui, che à V. S. Illustriss. & Reverendiss. vero Tempio della Virtù, e dell’Honore, ed à questo fare m’ha confortata non poco il perito legislator Ligurgo, il quale nelle sue ben composte Leggi ordinò, che quei doni, che sacrificando s’offerivano à gli Iddij fossero poveri, e semplici, accioche più facilmente potessero da ciascheduno esser honorati. Dunque non sarà sconvenevole, s’à voi gran CINTHIO, che per l’altezza dello stato, e per la ’nfinita virtù altro quasi non sete, che un terreno Dio, col giudizio del quale si fa bello il Mondo, appresento, e sacro questo mio picciol dono; picciolo inquanto à voi mio Signore; poiche non è cosa per grande, che sia, ch’a vostri meriti contraposta non appaia picciola; ma non già tale inquanto à me, poiche nè più cara, nè più pregiata cosa haveva io da donare à V. Sig. Illustrissima e Reverendiss. essendo questi componimenti (quali siano) parti di quel poco ingegno, ch’è piacciuto alla divina bontà di concedermi; e però da me amati in quella stessa guisa, che s’amano i propri figli; ne i quali non pur si tien caro il bello, e ’l buono, ma l’istesse macchie, e difetti aggradiscono, e piacciono; e se à grandezza di quelli tutto ardisce il Padre, e tenta il tutto, perche io, che sola à questi miei figli son Padre, Madre, e Nutrice non doverò tenta-


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