Pagina:Rime (Andreini).djvu/151

Da Wikisource.

139

     Lunge dal bel sereno,
     Che dolce bèa ne’ suoi tormenti il core
     Segno è cred’io d’altro novello amore.
Questa mestizia nova,
     Questo novo pallor son’argomenti,
     Che ’l mio mal si rinova.
     Lo sprezzar gli ornamenti
     Lunge da lui, con lui bramarli è segno,
     Ch’à poco, à poco esca d’amor divegno.
Esser fatta gelosa
     Di chiunque il bel volto intento mira,
     Pender da l’amorosa
     Bocca, onde ’l cor respira
     A gli sguardi non men pronta, che à i detti
     Son di verace amor veraci effetti.
Ah che pugnar bisogna
     Con questa à danno mio nascente fiamma
     Prìa, che l’Alma, che agogna
     Il bello, onde s’infiamma
     Tutta incendio divegna, e ’nvan poi l’acque
     Brami incontr’à l’ardor, che già le piacque.
Sospir, gemiti, e pianti,
     Guerra, speme, timor pace, e desìo
     Cibo sièn de gli Amanti.
     Esca sia del cor mio
     Quella, che ancor pur libertà fruisco
     Incauto Augel corra à le reti, al visco.
Questi avisi primieri
     A prender l’armi homai pronta mi fanno.
     Le finte gioie, e i veri
     Dolor d’empio Tiranno
     Segua chi vuol, ch’io troppo (ohime) conosco
     L’amarissimo à l’Alma assenzio, e tosco.


Combatti