Ad inutil Fatica
Il collo sottomette;
Ne gli ampi abissi di miseria cade;
Ter mendace beltade
A i singulti, à i lamenti apre la strada;
Niènte più gli aggrada,
Se stesso in bando pone,
Odia ragione, e stolto il ben disprezza;
Cotanto è l’alma al suo contrario avezza .
Nel seguirti imparai
A tragger guai dolente, anzi à morire.
Per monti, selve, e piagge
Andai misera me sempre piangendo;
L’orme di lui seguendo,
Che già mi fè languire;
E nudrendo nel cor voglie non sagge
De le Fere selvagge
Divenni (ahi crudo Amor) fida compagna.
A l’aperta campagna
Errai la notte, e ’l giorno;
Ogni mio scorno, e doglia à i sassi io dissi,
E ’n mille piante la mia pena scrissi.
Così sperai dolente
Spegner l’ardente fiamma, indi sottrarmi
A morte in simil guisa;
Nè fù per ciò, ch’io respirassi un quanco;
Che non ti vidi stanco
Giamai dal saettarmi;
Anzi da l’alma mia sempre divisa
Fui schernita, e derisa;
Il mal hebbi securo, il ben’ incerto,
E di mia pena il merto