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MADR. CXXV.


Q
Ual candida Colomba

Il suo pennuto manto
     Terge lieta, e vagheggia,
     E poi festosa al Ciel dispiega i vanni.
     Tal io vissuta in pianto
     Colpa d’Amor molt’anni
     Già tratto ’l piè da la sua ’ngiusta Reggia
     In questo Fonte santo
     Di pentimento purgo il fallir mio,
     E lieta al Ciel le mie speranze invìo.


SONETTO CXCIII.


F
Uggite homai cure noiose, e frali,

Sgombrate dal mio cor Muse amorose,
     E spegnetevi pur fiamme dannose,
     Vadan lunge pensier folli, e mortali.
A più bel volo hogg’io dispiego l’ali,
     E più degne vegg’ìo, più graziose
     Muse, ch’à mè fur già gran tempo ascose,
     E che i seguaci lor fanno immortali.
Duce è Dio solo à queste sante Dive,
     Parnaso è ’l Cielo, e ’l Fonte d’Elicona
     E l’onda grata di sua dolce aìta;
D’alloro in vece in queste sacre rive
     Di stelle altri riceve aurea corona,
     Onde risplende ne l’eterna vita.


SONETTO CXCIV.


S
Gombra, sgombra da tè mio tristo core

Le ’ndegnissime tue fiamme cocenti,
     Ardito scaccia homai cure, e tormenti,
     Onde t’afflige il tuo nemico Amore.


Sfavilla