Pagina:Rime (Cavalcanti).djvu/89

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XII.


Bench'i' ne sia alquanto intralasciato
     non ò ubliato d'amor lo mistero,
     ch'è tutta volta ne lo mio pensero
     e lui vol esser tutto accomandato: 1

ch'a tal conosco m'à per servo dato,
     che ave in sè saver compiuto e 'ntero;
     nè di bieltà più bella non richero,
     che esser non poria a lo mio grato.

E, se istato ne son quasi muto,
     non deve ciò ad amor dispiacere,
     chè lo disio coperto è da laudare:

E del riccor 2, ch'uom sape acconcio usare,
     tuttor se n' vede gloria e bene avere,
     e lo contraro chi l'à mal perduto.


XIII.


Ne l'amoroso affanno son tornato
     ed òmmi miso amore a sostenere:
     la più dolce fatica, al mi' parere,
     che sostenesse mai null'omo nato.

Chè 'n quello loco, ove m'à servo dato,
     dimoro sì con tutto il mi' volere,
     che segnoria non è nè nul piacere
     ch'i' più volesse nè mi fosse 'n grato.

Chè giovane bieltade e cortesia,
     saver compiuto con perfetto onore
     tuttor si trova in quella, cui disio.

Più non ne dico: chè teme 'l cor mio,
     se più contasse di su' gran valore,
     ciascun saprebbe: quegli in tal disia.

  1. Obligato con fedeltà - latino: commendatus.
  2. Per: ricchezza - franc. ant.: richor, ricaur.