Pagina:Rime (Cavalcanti).djvu/95

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XXIV.


I' son congiunto sì a voi di fede,
     gientil mia donna, che manofestare
     son cierto ch'i' vi posso mio affare:
     corno convenmi andare a la merzede

di quella, cui dimoro inclino al pede
     umiliando me: e voi pregare
     vo' dolcemente, che a lei parlare
     deggiate, com'amor le mi concede,

sì che lo sguardo dolce ed amoroso,
     che si congiugne co' lo mi' vedere
     alcuna volta quand'io la rimiro,

agia l'effetto dov'io 'ntorno giro;
     e voi di cierto dovete sapere
     ben quella ch'amo; ma nomar no l'oso.


XXV.


Non oso nominare apertamente
     quella, cui m'ave dato a servidore
     quei, ch'à 'n tutto podere, ciò è amore,
     che voi ch'i' tema e non falli neente;

ma voi sapete ben veracemente
     qual è la donna cui son amadore:
     però voi raccomando il mi' fin core,
     che voi ben conoscete ad ubidente, 1

che 'n vostro ragionar per voi aitato
     essere puote più ch'i' non so dire:
     perch'io ve 'n prego, dolce donna mia:

e per la vostra nobil cortesia
     non vi dispiaccia questo mio ardire,
     ch'amore in ciò mi sforza e.'l m'à 'nsegnato.

  1. Latino basso: ad oboedientiam.