Pagina:Rivista di cavalleria (Volume I, 1898).djvu/655

Da Wikisource.

caccia alla volpe nella campagna romana 649

Della razza Cesarini alcuni residui durano ancora disseminati in diverse tenute prossime alla capitale.

Altra razza, interamente scomparsa, era quella dei principi Rospigliosi, rimarchevole per il pelame bianco perlino, volgarmente chiamato dai romani caffè e latte; ma i prodotti della vasta tenuta di Maccarese, provenienti anch’essi da padre spagnuolo, non uguagliavano in resistenza quelli delle altre razze romane.

A compensare siffatte mancanze si ebbero altri allevamenti, i quali dettero, sulle prime, non poche speranze, ma ben presto decaddero e impoverirono. Intendo parlare di quelli di Tanlongo, Mazzoleni e Piacentini, tacendo di altri, non saliti alla fama a cui quelli ben presto pervennero. L’ultimo anzi tutti provò che l’incrocio con l’arabo è da preferirsi per gli usi nostri; e infatti i prodotti della razza Piacentini segnarono un vero progresso per l’allevamento nell’Agro Romano; ed è perciò tanto più doloroso vederli scomparire per mancanza di mezzi, avendosi così nuova prova del poco tornaconto che offre da noi l’allevamento del cavallo, anche nelle località più idonee e favorite dalla natura.

È questo un argomento che ci trarrebbe a considerazioni ben più serie di quello che il titolo del nostro modesto articolo lo comporti.

Auguriamoci solo di progredire in questa, che potremmo dire davvero, patriottica industria, tanto da accrescere la produzione equina in guisa da provvedere ai nostri bisogni.

Ma per tornare donde siamo partiti, noteremo che ora anche la società della caccia tra i suoi cavalli ne possiede due italiani, nati nell’allevamento italiano Torlonia a Torricola e figli di cavalle irlandesi e di stallone puro sangue (Gullane).

Presentemente il canile possiede otto cavalli, trenta coppie di cani, e personale italiano, che non la cede per nulla a quello, non certamente di prim’ordine, che ci veniva mandato dall’Inghilterra, e che su quello ha i grandi vantaggi di costar meno, di conoscere meglio la campagna e di affezionarsi ai cavalli ed ai cani.

La campagna romana, questa grande maestra di equitazione, che ha formato i nostri migliori e più arditi cavalieri, è tanto vasta che lo sport non vi teme i progressi dell’agricoltura e il propagarsi delle semente.

Quante località, appena un poco lontane, non furono mai percorse dai cani! E appunto dal dover cercare in estensioni immense, dalla difficoltà che trovano i cani di definire la pesta, guastata e tagliata dal bestiame, dalla facilità che ha la volpe di prendere le spal-