Pagina:Rivista di cavalleria (Volume IX, 1902).djvu/518

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il nuovo i tomo del regolamento d’esercizi 511

cose, e per assicurarmi che il collega, che sostiene non essere necessario insegnar sempre ed essenzialmente a cedere avanzando i pugni, non corra il rischio d’essere levato di sella dal suo cavallo, se questi distenderà l’incollatura mentre lui starà fermo e resisterà colle mani. Partiamo pure e se per la strada egli s’accorgerà di dover cedere, senza dubbio il suo cavallo andrà bene e noi arriveremo d’accordo alla meta.

In primo luogo egli non è d’accordo con me nel volere, per semplicità, abolire i comandi di maneggio e sostituirli con quelli che si adoperano all’aperto. E un omaggio che egli vuol rendere alle abitudini, alle tradizioni — sta bene ― ma ciò sarà sempre un omaggio, non mai una ragione. È la ragione di questo omaggio, è la ragione di questo conservare che io gli chiedo. Egli dice che è difficile estirpare un’abitudine. Lo credo anch’io quando questa abitudine consiste nel chiamare barroccio la carretta, baracchino la gavetta. Qui il regolamento non ci ficca poi tanto il naso, ma per i comandi di maneggio basta che il regolamento li abolisca e li sostituisca con altri già cognitissimi perchè l’abitudine sia bell’e tolta.

I comandi di maneggio, come sono stati modificati dall’attuale regolamento, sono discretamente applicabili, è vero, all’istruzione individuale. Ma non lo sono pure quelli adottati per l’istruzione all’aperto, col vantaggio in questo caso che le reclute devono imparare questi soli e non altri? Davvero non so spiegarmi come l’adozione di essi possa aver per risultato nuove complicazioni. Le reclute e gli istruttori futuri impareranno questi soli — i soldati e gli istruttori attuali li metteranno da parte ed useranno solo i comandi di piazza d’armi — non so cosa ci sia di complicato e di difficile in ciò.

Senza dir poi che l’istruzione in cavallerizza con comandi deve ridursi ai minimi termini per dar luogo all’a volontà. È quindi inutile far tanta teoria ed empir la testa alle reclute con tanti comandi di volte — cambiamenti diagonali — traversali ecc. ecc. per farne così poco uso, quando ve ne sono degli altri che li sostituiscono e la cui applicazione è costante.

Ma questo è un piccolo fossetto, dove se anche il collega non cede, il suo cavallo passerà lo stesso e noi procederemo oltre ugualmente.

Devo però prima rettificare una inesatta affermazione. Io non ho mai pensato di richiedere al regolamento un più largo e particolareggiato corredo di nozioni sul modo come impartire l’istruzione per parte degli istruttori — ma bensì l’ho richiesto e lo richiedo sui mezzi che ha il cavaliere per attuare il principio fondamentale della nostra equitazione. È ben differente.

Procediamo oltre. La invocazione che ho fatto della prescrizione di spingere il tallone in basso nella posizione a cavallo ha scandalezzato il collega, che la chiama un gambero. Non lo ritengo punto tale