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512 rivista di cavalleria

e torno ad invocare questa essenzialissima ed importantissima prescrizione. Ch’io mi sappia la fermezza in sella è data dall’equilibrio e dalla resistenza che fanno le coscie e le ginocchia contro i quartieri e dall’appoggio sulle staffe; i polpacci ed i talloni non dovrebbero quasi mai toccare il cavallo senza che il cavaliere lo voglia fare di proposito. Ora lo spingere il tallone in basso appiattisce ed annerva i muscoli della coscia e del ginocchio, impedendo all’inforcatura di raccorciarsi, tiene a posto i polpacci ed impedisce al tallone di far sentire involontariamente lo sperone al cavallo. E questo a parer mio non è rigidezza ma fermezza in sella, e la fermezza in sella ci vuole. Del resto vuole una prova che questo non è un gambero? Domandi il parere dei colleghi più esperti ed autorevoli della scuola moderna e sentirà cosa gli dicono.

Ma probabilmente il mio contraddittore non ha ben compreso come avvenga questa azione — perchè certo non scriverebbe: «Dato il principio d’introdurre tutto il piede nella staffa come è mai possibile conciliarlo con lo spingere il tallone in basso?» E che cosa c’entra la staffa con lo spingere il tallone in basso? E più sotto scrive: «Eppoi non abbiamo tutti convenuto che l’equilibrio e la solidità del cavaliere in sella assai più che con la pressione della gamba è data dall’aderenza del ginocchio, delle coscie, e delle natiche?» Ma chi ne ha mai convenuto? Io no davvero e gli garantisco che non ne converrò mai. Le ginocchia e le coscie devono essere quasi ferme per permettere alle natiche di evitare gli urti ed i contraccolpi col cavallo. Le natiche possono appoggiare leggermente (comodamente per riposo) ma non è detto che debbano e sempre gravitare!. Questo sì che ha l’aria d’essere un gambero! Per fortuna i tempi, come diceva il regolamento1 d’allora, quando io fui promosso ufficiale, nei quali era buon cavaliere chi più era ben fornito di parti molli son passati e passati per sempre!

E siamo alle «due lacune lasciate dal regolamento con animo deliberato».

Riguardo a queste (avanzare dei pugni e tenuta delle redini) io prego il mio egregio contraddittore di voler leggere quanto ho scritto più indietro allo stesso proposito. Egli vedrà come la ceduta delle redini sia proprio quella che impedisce al cavaliere di uscire di sella, d’altra parte vedrà (e son sicuro che lo sa perchè ha letto, come mi risulta un mio precedente articolo) che io considero l’esercizio del saltare non come fine ma come mezzo, per insegnare a mettere in pratica l’ormai famoso principio fondamentale del nostro regolamento, principio di cui egli deve essere persuaso.

  1. Le natiche costituiscono la base del cavaliere in sella e quanti più punti di contatto vi saranno fra queste e quella tanto più ampia perciò e sicura riuscirà la base.