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4 rivista di cavalleria


La prima educazione cavalleristica di Garibaldi si compì nell’America del Sud, fra i rischi di continue sorprese, agguati, scorrerie, fughe, inseguimenti, che lo abituarono alla rapidità del decidere, slancio nell’eseguire, avvedutezza nel preparare le imprese. Come gregario e come capo, prese parte a grossi scontri di cavalleria e dagli errori degli uni, o degli altri combattenti, trasse lezioni pratiche indimenticabili1.

Nelle sue Memorie autobiografiche egli narra, con infinita modestia, i numerosi combattimenti nei quali per 12 anni della sua vita avventurosa si trovò coinvolto, ed i notevoli successi da lui ottenuti alla testa di cavalleria, a Rio Tapeley, al Salto, al Rio Dayman. Tipica quest’ultima fazione e meritevole d’esser qui minutamente descritta, se la digressione troppo non nuocesse all’economia del presente studio.

Dall’esperienza del passato egli aveva ricavata abilità straordinaria nel predisporre il servizio di sicurezza e di esplorazione, nell’arte di condurre le marce e nel provvedere al sostentamento delle truppe. — I suoi metodi di guerra, quali vedremo applicati in seguito, furono semplicissimi.

Abborriva Garibaldi tutto ciò che poteva prendere fisonomia abitudinaria, evitava perciò di abbandonare gli accampamenti sempre alla stessa ora, fare marce di ugual lunghezza, seguire identici schemi di avamposti, alloggiare le truppe negli abitati.

Usava invece deviare improvvisamente dall’itinerario stabilito ed a tutti cognito, per seguirne altro tenuto gelosamente segreto; lasciare alcun tempo negli abbandonati bivacchi drappelli per alimentarne i fuochi, spargere false notizie, spedire distaccamenti lontano due o tre marce dal grosso ed in direzione opposta a quella da esso seguita. Poco fidava nei racconti degli abitanti e solo riposava sopra un diligente servizio di esplorazione e di avamposti, che egli stesso, di giorno e di notte, ispezionava.

Era sua cura istruire dettagliatamente i comandanti e le truppe destinate al servizio di sicurezza, in modo che tutti co-

  1. Garibaldi era fortissimo cavaliere, ma non elegante nel senso sportivo della parola; amava cavalli piccoli e vivaci; instancabile, preferiva alle altre andature il galoppo.