Pagina:Rivista di cavalleria (Volume VII, 1901).djvu/76

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per l’equitazione di campagna 71


Questi difetti si perdono solo col graduale continuo e ben diretto esercizio in campagna: qualunque regola teorica ed assoluta in proposito, che sia diversa da quelle poche che ho esposte in principio, se non è dannosa, è vana.

Il cavaliere di campagna fortifica il suo assetto con l’esercizio all’aperto, poichè quivi impara come meglio deve regolare il suo equilibrio per esser fermo nelle diverse azioni e posizioni che prende il cavallo, e non si fortifica, come è generale credenza, con il lungo esercizio senza staffe.

Infatti questo irrigidisce il soldato e gli insegna a fare della forza fuori luogo, mentre invece il segreto dell’esser fermo a cavallo è quello di essere elastico e di saper fare forza solo a suo tempo. Di più l’equilibrio del cavaliere senza staffe è completamente diverso da quello che deve avere colle staffe, ed infine il cavaliere deve apprender bene a fare un giusto uso delle staffe per non dare talvolta degli urti sulla schiena al cavallo, e per potersi alleggerire.

Dunque se l’esercizio senza staffe in certi casi speciali e adoperato con molta moderazione può essere utile, molte volte è non solo inutile, ma dannoso.

Il cavaliere lo si fa con l’esercizio e con la naturale progressione, cercando di diminuirgli e non di aumentargli le difficoltà. E bisogna che durante l’esercizio l’istruttore ponga gran cura nel combattere la rigidezza, sotto qualunque aspetto ed in qualunque parte del corpo si manifesti, poichè essa finisce sempre per propagarsi alle mani, producendo così un’azione dolorosa sulla bocca del cavallo che si trasmette alle reni.

(Continua)

Tenente Caprilli.